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MALOMBRA ...Alla fine dei tempi!

Parole di Luca Pizzimbone e Gianni Della Cioppa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci sono gruppi che fanno discutere. E non solo perché la loro musica è ricca, contraddittoria e difficile. E i Malombra faranno sicuramente discutere, forse perché guidati da un personaggio complesso e volubile come Mercy, una persona a cui forse il ruolo di musicista sta stretto! Il nostro compito di cronisti ci impone riportarvi per intero le sue dichiarazioni, a voi quello di trarre le conclusioni che preferite!

Non è facile essere una rock band originale in Italia. Forse non è facile in nessuna parte del mondo, ma in Italia è molto più difficile. E i Malombra sono originali. Non si allestiscono dischi come l'omonimo debutto e lo spettrale "Our Lady Of The Bones" senza essere spinti da un'istigazione creativa ai limiti dell'autolesionismo, per la complessitivà di soluzioni e di riferimenti artistici e non solo musicali. Oggi, dopo tre anni di silenzio, vede finalmente la luce “The Dissolution Age”, un album permeato di fascino oscuro che invita a ripetuti ascolti. Siamo riusciti ad incontrare l’iperattivo Mercy con il quale abbiamo parlato della nuova release, ma non solo!

Perché è passato così tanto tempo dall’uscita di “Our Lady of the Bones”?

"Subito dopo la registrazione di quel lavoro il gruppo entrò in una fase caotica. Se da un lato la nostra attività live si andava intensificando, dall’altro si evidenziava una serie di problemi e contraddizioni che non potevano che preludere ad una rapida disgregazione di quella struttura. Eravamo tutti molto stanchi e delusi e, inoltre, alcuni ritenevano che la band fosse diventata un luogo di compromessi alla lunga inaccettabili, anche se, umanamente, ci sentivamo molto legati.Va pure detto che la Black Widow Rec. ha sempre fatto il possibile, ma non è abilitata a perseguire un serio discorso manageriale e, talvolta, i suoi tempi di pubblicazione possono essere estenuanti."

A parte te, la formazione del nuovo album è completamente rinnovata rispetto ai precedenti, quali sono i motivi di questo cambiamento?

"Come dicevo, la vecchia formazione non conobbe mai seri problemi di rapporti umani, ma, sul piano musicale, contenutistico ed ideologico, si andavano scavando solchi sempre più incolmabili. Dapprima Andrea ci lasciò per unirsi ai Finisterre, molto più vicini ai suoi gusti prog e dai contenuti più tranquilli e “corretti” a suo dire. Nel frattempo subentrò Carlo che aveva suonato su “Il Segno de Comando” e che coinvolse Teo in una sua attività professionale legata ad uno studio di registrazione e ad un’agenzia di promozioni musicali molto nota a Genova. Fabio stava intensificando la sua personale attività musicale in ambito folk ed acustico ed oggi è sempre più attivo in tal senso. Mario, invece, si orientò su un’attività legata alla musica e all’abbigliamento di tendenza contigua al fenomeno dei raves e della techno d’avanguardia. A me restava solo Malombra che, tra tutto ciò, era diventata una sorta di Cenerentola per la quale nessuno aveva più tempo, o quasi."

Ad oggi sei stato  e sei protagonista di tre grandi progetti paralleli: Malombra, Il Segno del Comando ed Helden Rune. Spiega differenze e legami tra loro, a parte ovviamente la tua presenza.

"Malombra è una sorta di istituzione alla quale non ho voluto rinunciare a nessun costo, ma, musicalmente parlando, è un contenitore in cui, potenzialmente, potrebbe entrare qualsiasi cosa.Il Segno del Comando è un tentativo di contributo ad una certa tradizione vagamente “colta”, ma non necessariamente progressiva, del rock italiano che da troppi anni è stata sommersa dalle derive giovanilistiche o pseudo-demenziali tanto care alla stampa ufficiale ed alle majors. Il nostro non è un lavoro da rigattieri, cerchiamo semplicemente di mantenere in vita un piccolo mondo che quando sarà definitivamente scomparso ci mancherà molto.Helden Rune è stato un esperimento che, forse, avrà un seguito. Qui i territori musicali sono assai più definiti: dark wave, folk apocalittico, elettronica tedesca. Roba per gente vestita di nero e di gusto prettamente europeo."

“The Dissolution Age” è un album splendido, ma, fin da un primo ascolto, non si possono non notare profonde differenze rispetto agli altri lavori. In particolare, la tua impostazione vocale e il fatto che l’album mi sembra  decisamente più diretto del suo predecessore, che, seppur molto bello, è troppo lungo, forse eccessivamente ambizioso.

"All’epoca di “Our Lady of the Bones” ero preda di una serie di ossessioni, misticismo intriso di un senso di morte cosmico, una sorta di paganesimo naturale volto al versante tanatico e negativo dell’esistenza e con forti connotazioni gnostiche. Anche quando sentivo erompere delle pulsioni vitalistiche esse erano all’insegna di un erotismo maniacale e sovraeccitato, votato all’adorazione fanatica degli aspetti più irrazionali e distruttivi della femminilità. Compreso ciò, posso supporre che allora pensassi bene di esprimere tutto questo con un urlo continuo, quasi fosse il raglio disperato del somaro cosmico delle antiche simbologie gnostiche, così care a degenerati come Georges Bataille o Alain Danielou che, a ben pensarci, erano gli autentici numi tutelari di un disco come “Our Lady of the Bones”. Ciò che ti sto dicendo è che quel disco è la colonna sonora di una malattia mentale. Tuttavia, poiché uno degli aspetti positivi dell’invecchiare è che le cose si fanno sempre più semplici, più che le cure, mi ha giovato riappropriarmi della mia vera natura che, al contrario, è tendenzialmente virile, ma non immorale, razionale e pratica, romantica e, forse, anche un po’ noiosa. Ho sempre saputo di avere delle tonalità baritonali, ma solo oggi i concetti che esprimo si prestano a quei toni grevi. Apollo ha vinto su Dioniso, l’ordine del caos, alla velleitarietà preferisco la pianificazione e, su tutto, diffido dell’ispirazione invasata. Oggi come oggi registrerei un lavoro ancora più sobrio, diretto e severo di “The Dissolution Age”."

Nell’album sono presenti Diego Banchero (Il Segno del Comando) e Franz Ekurn (Helden Rune). Quanto la loro presenza ha inciso sul nuovo sound dei Malombra? Dipendono da questo le minori influenze settantiane che si avvertono ascoltando l’album?

"In realtà la situazione è assai più complessa, dato che Banchero faceva già parte del primissimo nucleo di Malombra nel ’91 e, ancora prima, della nostra band originaria, Zess. Dal canto suo, Ekurn è attuale membro della line-up de Il Segno del Comando, il cui nuovo album dovrebbe uscire entro la fine dell’anno, e proviene dalle file dei prog-speed metallers Shadow of Steel. Essi sono musicisti molto versatili e poco portati alle ortodossie di genere preferendo ad esse un approccio analitico. Quanto all’aspetto stilistico, va detto con chiarezza e semplicità che l’ultima parola spetta al sottoscritto e che sempre a me è stato assegnato il ruolo di “stratega”. Le mie radici sono più anni ’80 che ’70, ma i Malombra di oggi suonano come un gruppo del loro tempo che ha ben presente la tradizione di quattro decadi di rock e che, conseguentemente, risulta ben poco impressionabile dall’avvicendarsi delle mode."

“The Dissolution Age” è un concept-album? Che cos’è “L’età della dissoluzione”? Presupponendo che il disco non sia stato concepito negli ultimi due mesi, ad una prima velocissima analisi di alcuni testi, sembrerebbe anticipare il clima di guerra, insicurezza e paura che stiamo vivendo attualmente.

"Guarda, essendo tutti pezzi scritti tre o quattro anni fa, la tentazione assurgere al ruolo di profeta a volte si fa sentire. In realtà non possiedo alcun dono divino, ma solo un cervello passabilmente funzionante, cosa, questa, ancor meno diffusa di quanto la più pessimistica delle stime possa azzardare di questi tempi. Ho ancora in mente certe furibonde discussioni che dovetti sostenere all’epoca con persone che poi mi tolsero anche il saluto perché inorridite e schifate da tanta “scorrettezza ideologica”. La verità è sempre stata davanti agli occhi di chiunque disponesse di un quantitativo minimo di sale in zucca. Infatti, bastava applicare qualche semplice formuletta dubitativa al nauseante peana del pensiero unico che promuoveva magari guerre “umanitarie”, guarda caso in settori strategici per l’economia apolide e globale. Tribunali internazionali istituiti da loschissimi figuri come Madelaine Albright allo scopo di perseguire, con il pretesto di inesistenti pulizie etniche, chiunque osasse contrapporsi all’istituzione di un potere planetario. Che dire del servilissimo ruolo dei media, della cieca obbedienza di tutte le forze politiche al “padrone” contro ogni evidente interesse dei popoli che avrebbero dovuto rappresentare? Anche oggi ci presentano la situazione come una scelta obbligata tra modello americano e integralismo islamico, ovvero tra due opposti totalitarismi. Peccato che il secondo è stato estratto come un coniglio dal cilindro del primo! Povera Europa! Ne sta scomparendo la nozione stessa, a favore di un indefinito “Occidente” smidollato ed ipocrita, agglutinato da un fetido liberismo economico e da un’etica che consente le più spregiudicate e criminali politiche internazionali, purchè ammantate di “correttezza politica”. Chiunque senta ancora dentro di sé una particola di orgoglio di appartenenza ad una civiltà ineguagliabile, dovrebbe fremere di umiliazione al pensiero di essere un macaco ammaestrato nelle mani del peggior padrone che possa esistere, gli U.S.A., e, allo stesso tempo, tecnicamente invaso dal suo nemico storico, l’Islam. Quest’ultimo, a differenza degli stupidi intellettuali europei, è coerente con la sua storia e le sue strutture mentali e dunque ci odia e tenterà in ogni modo di distruggerci. La nozione di un Islam moderno, laico, democratico e, magari, anche progressista, grazie alla quale decine di milioni di allogeni extra-europei hanno potuto dare il via ad una colonizzazione di popolamento dell’Europa, esiste solo nelle teste bacate delle melandre, delle lieviturche e delle bonine, che, detto per inciso, applaudivano estasiate mentre la N.A.T.O. massacrava i civili serbi, europei e cristiani. Non facciamoci illusioni. I popoli europei sono in balia dei loro nemici interni ed esterni e ciò che si sta delineando è la scomparsa di una civiltà. E non certo in maniera incruenta."

Quali sono le tue principali influenze dal punto di vista letterario, cinematografico e, ovviamente, musicale?

"E’ una domanda difficile perché negli ultimi vent’anni - tanti sono ormai quelli della mia “militanza”- non ho mai smesso di cercare nuovi spunti ed esplorare territori sconosciuti. In linea di massima, posso evidenziare come estreme coordinate una solida base nel romanticismo e nel decadentismo mitteleuropei e, di conseguenza, nelle loro più compiute espressioni in ambito di musica rock, segnatamente con Roxy Music, Ultravox, Kirlian Camera, Joy Division, ecc…Da lì, passando per tutti i territori del gotico classico ho approfondito ed esplorato i vari aspetti legati alle tradizioni popolari europee ed alle scuole di pensiero filosofico come, ad esempio, Heidegger o Evola, che da questi ambiti trassero il primo e fondamentale impulso. Inutile dire che, sul piano musicale, molti sedimenti di tali categorie di pensiero li ho ritrovati nel primo (e più nobile) metal, nel folk progressivo e, attualmente, nel folk apocalittico e marziale di Death in June, Blood Axis ed affini, nonché nella nuova e violentissima scena elettronica tedesca. In generale, mi riconosco in qualunque manifestazione artistica in cui è chiaramente ravvisabile la peculiarità della struttura mentale europea e non fa davvero differenza se si tratti della “Cattedrale di Chartres” o della musica dei Kraftwerk, di una pagina di Meyrink o di un fotogramma di Fritzlang."


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