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CLASSICS SPECIAL

 

 

KANSAS: sognare ad occhi aperti!!

I lettori di questo articolo non vi troveranno la cronistoria della carriera dei Kansas, ma potranno leggere la descrizione di alcune delle magnificenze con cui essi hanno illuminato la scena del rock degli anni settanta, ottanta e in parte anche del decennio da poco trascorso e forse del futuro. Chi ama sognare non puo’ sottrarsi al gusto del bello che questa band ha manifestato durante quasi tre decenni. Imperniata su sei protagonisti, essa ha portato l’hard rock verso territori di nobilta’ di contenuti e solennita’ ineguagliata, grazie a tessuti sonori creati dal violino di Robby Steinhardt, dall’organo di Steve Walsh, le cui note riescono a rimanere nella memoria per una vita intera,e dall’apporto supremo di Kerry Livgren, il cui genio si esprime nella chitarra solista, nelle tastiere magniloquenti, barocche e pompose e nelle composizioni, la cui vitalita’ si e’ espressa davvero a livelli supremi. L’apporto vocale nei Kansas si esprime dalla voce di Steinhardt profonda e da quella di Walsh capace di grandiose interpretazioni che valorizzavano al meglio la carica interiore e la forza espressiva del gruppo. Completavano la formazione l’altro chitarrista Rich Williams, il bassista Dave Hope che negli anni ottanta era stato sostituito da Billy Greer e il batterista storico Phil Ehaert che non si e’ mai allontanato dai sentieri della band madre. Negli anni ‘70 le performances di Emerson Lake & Palmer come quelle di Rick Wakeman negli Yes avevano gia’ cominciato a illuminare il pianeta rock con la luce di tastieristi affascinanti, la cui forza d’urto progressiva ha lasciato un solco profondo in tutta la cultura rock. Quando poi i Kansas unirono tale progressivita’ al background hard rock americano, la miscela diede il via a capolavori che non devono essere mai dimenticati, infondendo alla dimensione musicale una dose di romanticismo (quello vero e non melenso o banale) che mai abbiamo potuto gustare da altri artisti con la stessa intensita’ di vissuti. Nel 1974 i Kansas firmavano la prima opera autointitolata nella cui introduzione comparsa nella cover del disco esprimevano la propria soddisfazione per essere riusciti finalmente a firmare un lavoro discografico dopo tanti tentativi e fatiche,e con parole molto significative descrivano la loro musica come "fusione di energia e serenita’".

E’ proprio cosi’,i Kansas hanno fornito la loro versione della bellezza dei vissuti sereni ricorrendo all’energia che il rock esprime.Dopo due canzoni dedicati al southern rock che presentavano il violino di Steinhardt gia’ c’era la prima firma d’autore con "Lonely Wind" lento tributo che la maestosa voce di Walsh dedicava a chi ama vivere momenti di solitudine facendo amicizia con il vento (interiore …). L’introduzione definitiva al tastierismo gia’ quasi barocco viene con "Belexes",canzone che in quei giorni non poteva non stupire con il gioco contemporaneo di chitarre e tastiere.Arriva poi il primo autentico capolavoro dei Kansas,"Journey from Mariabronn, una festa per chi ama sentire intrecci fra tastiere,chitarre e voci melodicamente espressive. Si tratta della storia dell’amicizia tra due uomini,con il piu’ giovane che si allontana dall’altro finche’ i due tornano a vivere uniti dai propri ideali. E’ il primo episodio "romantico" della carriera dei Kansas,contenuto anche nel miglior live della band. "The Pilgrimage" e’ canzone dedicata a un pellegrinaggio ma sempre eseguita con grande trasporto melodico."Apercu" e’ episodio davvero significativo dal punto di vista strumentale, che descrive le ottime capacità tecniche dei singoli componenti la band. Chiude il disco "Death For Mother Nature", stupendo richiamo alla necessità di avere un pianeta senza la contaminazione tecnologica. E’ un messaggio che i Kansas ci consegnarono avvertendoci di quanto male possiamo fare alla nostra stessa vita se non rispettiamo l’ambiente in cui viviamo.

L’anno dopo(75) fu pubblicato "Song For America", uno dei massimi episodio del pomp rock di sempre,un’opera ispirata e toccante anche nei temi sviluppati,l’opera cioè in cui la fusione tra doppia chitarra,doppie tastiere e violino, assurse già ai livelli massimi. L’apertura toccava a "Down The Road",pezzo più hard rock oriented, ma già la maestosa title-track,riprendendo il tema naturalistico dell’album d’esordio,descrive i sogni che investirono i primi pionieri americani che si trovavano alle prese con una terra incontaminata e sognavano una specie di Eden.Mai nessuno ha trattato questo tema con la bellezza lirica che i Kansas infusero in questo pezzo,peccato solo che dire "America",oggi,non suscita le stesse emozioni che "Song For America" ha nutrito,ma chi ama la natura e i suoi paesaggi non si sottragga all’ascolto della canzone. I Kansas non sono mai stati autori di "tipiche canzoni d’amore",ma sono da definirsi una band dai contenuti culturali e interiori sicuramente Romantici (ciò indipendentemente dalla militanza di Kerry Livgren nel rock cristiano),e non so dire neanche dove lo stesso Livgren trovò l’ispirazione per comporre "Lamplight Symphony", intensissima fiaba pomp descrivente ciò che possiamo chiamare "Amore oltre la vita". È la storia di un vecchio che una notte si sveglia,si affaccia alla finestra per guardare la tomba della moglie morta e che poi ne viene visitato con promesse d’amore eterno. Ciò che colpisce in tale canzone e’ la forza con cui la coralita’ della band ci immerge nella storia con sonorita’ metafisiche(forse e’ il caso di dirlo).Indimenticabile !! "Lonely Road" e’ invece giocata tra le chitarre elettriche per una storia di violenza urbana."The Devil Game" invece introduce alla dimensione religiosa che poi Livgren abbraccera’.Chiude "Song For America" la canzone che piu’ di vent’anni fa mi fece conoscere la band:"Incomudro"(Hymn To the Atman),le cui sublimi evoluzioni strumentali commentano con dignita’ assoluta il contenuto mistico dei testi:e’ una riflessione sul significato della vita:"Crescere e’ solo tornare dove si e’ gia’ stati …". Cosi’ si chiude uno dei dischi che ho amato e amo di piu’.

Il 76 per i Kansas e’ l’anno del grande successo di pubblico:"Leftoverture" strabilia l’America trainato dall’hit d’apertura "Carry On My Wayward Son",canzone coverizzata dai Dream Theater in cui il rincorrersi delle soliste si sposa con l’esplosione del magico organo di Walsh e con il piano di Livgren,cosi’ che il refrain riesce a definire cio’ che il pomp rock ha espresso in America. L’attacco di "The Wall" e’ semplicemente indimenticabile,con le chitarre che ricamano un’armonia di bellezza estrema che si esalta nel cantato.E i contenuti delle canzoni continuano a entusiasmare per significativita’."What’s On My Mind" e’ pezzo piu’ tranquillamente riflessivo. "Miracles Out Of Nowhere" torna a meravigliare per la solennita’ del ruole delle tastiere,chiudendo una magnifica facciata A. "Opus Insert" e’ quasi un’anticipazione del finale con grandi spiegamenti di tastiere. E’ poi la volta della splendida "Cheyenne Anthem",in cui Livgren torna ai temi naturalistici a lui tanto cari descrivendo come la popolazione indiana perse la sua terra e il suo status in essa:i cori di bambini rendono ancora piu’ intensa anche se serena la sofferenza di questo popolo cui i Kansas vollero regalare un sentito tributo ! "Questions Of My Childhood" e’ un ritorno all’infanzia effettuato con il solito stile,in essa Walsh da’ ancora un ottimo esempio di vocalita’. Chiude "Magnum Opus",il cui titolo e’ piuttosto esplicativo.La canzone,il cui incedere strumentale e’ stato recentemente ripreso dagli Shadow Gallery,e’ semplicemente il manifesto del rock barocco,ridondante com’e’ di temi descritti dai sei strumentisti,tutti i quali contribuirono alla composizione del pezzo.E’ inevitabile poi accostare la magniloquenza dei Kansas di "Leftoverture" proprio ai Dream Theater della seconda parte del recento "Six Degrees Of Inner Turbulence",episodio notevole della loro carriera proprio per la magniloquenza con cui hanno richiamato proprio i Kansas inserendovi sprazzi classicheggianti eccellenti.

Dopo un altro anno(77) e’ la volta di "Masque",affresco che descrive l’evoluzione a tratti coreografica e allegorica di una band che cerca dimensioni contenustiche che siano anche nuove.Dopo le introduttive "It Takes a Woman’s Love(To Make a Man)", che Steva Walsh canta senza enfasi e "Two Cents Worth",ecco tornare i sogni umani a dare al gruppo la carica per comporre un’ulteriore perla,quella "Icarus(Borne on wings Of Steel)" che illustra l’antichissimo anelito umano verso la possibilita’ di volare che qui diventa anche struggente.Segue la bellissima "All The World",che Steinhardt interpreta con pathos sincero e che e’ semplicemente un inno ai "buoni sentimenti" dal quale trasudono solo classe e profondita’ di intenti,e non certo banalita’. "Child Of Innocence" dimostra la sensibilita’ della band verso l’infanzia,dimostrata sempre con "pomposita’ musicale".Dopo "It’s You",un rock n’ roll eseguito con lo stile di questa formazione,il discorso intrapreso con "Masque",si conclude e sublima con le finale "Mysterie And Mayhem" e "The Pinnacle",brani collegati e strabordanti di contenuti lirici e musicali in cui gli strumentisti riescono a esprimersi al meglio ma conservando sempre una coerenza notevole nell’interpretare i vari momenti musicali.E’ disco varia,oltre che affascinante,"Masque".

Sempre nel 77, "Point Of Know Return" chiude la prima fase della carriera dei Kansas,seguito poi dal live "Two For The Show",testimonianza monumentale della vita gloriosa del gruppo.Anche "Point .." riscosse un notevole successo di pubblico grazie a canzoni deliziose e intense.La title track posta in apertura si iscrive nel lotto delle canzon piu’ orecchiabili anche se non tradisce la vena pomposa,mentre "Paradox" introduce una vena leggermente malinconica e "The Spider" e’ un episodio tutto strumentale inconsueto per gli usi della band fino ad adesso."Portrait" costituisce davvero un dipinto pomp.Segue "Closet Chronicles",pezzo sognante interpretato dalla voce liricamente suggestiva di Walsh.Ancora hard pomp in "Lightning’s Hand",cui segue un lento che chi ama i Kansas non dimentica mai,"Dust In The Wind",uno dei motivi per cui questa band e’ stata cosi’ capace di donarci serenita’ e gioia. ."Sparks Of The Tempest" ridona linfa alla vena hardeggiante e alla voce di Steinhardt.Ancora un grande lento piu’ pomposo del precedente.con "Nobody’s Home" prima della chiusura in bellezza di "Hopelessly Human",grande affresco che corona perfettamente il disegno di ispirazione umanistica tratteggiato dall’album,cosi’ che l’inconfondibilita’ di questa musica trova il suo apice.

Dopo aver prodotto cinque album in quattro anni i Kansas impiegano due anni per produrre "Monolith" del 79,in apparenza meno pomposo dei precedenti,ma senz’altro meno barocco ma sempre denso di significati e musicalita’ magniloquente. "On The Other Side" apre il disco con una leggera propensione per un AOR vivace e hard, e "People Of The South Wind" prosegue tale discorso con un tipico gusto americano;"Angels Have Fallen" ritrova il gusto per il pomp hard tanto caro ai Kansas capaci di esprimerlo al meglio.Invece "How My Soul Cries For You" prende un po’ di distanza dal progressive per rendersi piu’ legata all’ hard rock con Steinhardt localmente in evidenza.Tornano gli sprazzi di grandiosita’ pomposa,invece,con "A Glimpse Of Home",un’esucuzione che ci trasporta al di la’ dell’ Atlantico.Il disco si conclude un po’ in tono minore con gli hard rock "Away From You" e "Stay Out Of Trouble" e con "Reason To be".

Nell’80 esce poi "AudioVisions",disco in ogni caso fresco nelle composizioni. Con "Relentless" viene centrato un hit con sapore AOR-pomp graziato da un ottimo ritornello ,e dopo l’hard romantico di "Anything For You","Hold On" baciata da vissuti emozionali davvero piacevoli e’ un lento che difficilmente esce dal cuore. Invece "Curtain Of Iron" e’ un tributo a problematiche socio-politiche mentre "Don’t Open Your Eyes" ci riavvicina al tema dei sogni. Dopo "No One Together","Back Door" e "No Room For A Stranger" preparano la dipartita dai Kansas di Steve Walsh,tanto che costituiscono il suo "Testamento":egli dopo aver firmato precedentemente,come anche Kerry Livgren,un valido disco solista,si allontana dalla band madre(lasciando un alone di nostalgia),per dedicarsi poi ai validi Streets.

A sostituirlo e’ chiamato il tastierista John Elefante,ottimo vocalist capace di sostituire al meglio il grande assente e legato al filone christian rock,e cosi’ nell’82 esce "Vinyl Confessions,la cui (opener) "Play The Game Tonight" e’ ancora piu’ AOR-oriented impostata com’e’ su gioiosita’ e giocosita’."Right Away" and "Fair Exchange" sono pezzi di hard-AOR che hanno in Elefante un interprete diverso da cio’ che Walsh era,cosi’ come "Diamonds And Pearls" porta il gruppo su vie certamente non pomp-barocche.Anche "Border Line" risente di influssi hard,mentre la chiusura di "CrossFire" e’ comunque ottima,trattandosi di un ritorno verso territori pomp esplorati con la solita sagacia e intensita’ di vissuti.

L’83 e’ l’anno di "Drastic Measures",disco che rappresenta il punto piu’ basso,secondo me,della carriera della band nata a Topeka."Fight Fire With Fire" e’ un AOR hard piuttosto banale,"MainStream" un pomp debole,"Andi" una nenia carina e solo "Don’t Take Your Love Away" riesce a irrorare il disco di AOR solare.Non erano i i Kansas quelli di "Drastic Measures" con un Livgren davvero assente.Kerry tre anni dopo fu sostituito(che perdita drammatica la sua,visto che decise di formare un altro gruppo,abbastanza valido anche se non strabiliante,gli AD) dal genio chitarristico del grande Steve Morse,che in "Power"(86) si espresse a livelli anche superiori in alcuni frangenti a quelli che ha toccato con i Deep Purple,visto che la sua notevole fantasia ha potuto sbizzarirsi meglio con i .. resti dei Kansas.Gia’ l’AOR di "Silhouttes In Disguise" si pone meglio dei pezzi del precedente disco,cosi’ come la title track.Dopo canzoni meno incisive,"Musicatto" e’ uno splendida strumentale in cui Morse supera anche i suoi lavori solistici grazie alla vena pomposa e barocca in cui riesce a inserirsi.Vorrei poi sottolineare,oltre a "Tomb 19", la pura bellezza della toccante e struggente "Taking In The View",che ispira davvero vissuti Sognanti.Questi sono ancora i … Kansas !

L’88 per i Kansas e’ l’anno del ritorno a temi tipicamente americani:"In The Spirits Of Things" e’ dedicato a una vecchia citta’-fantasma dei tempi dell’era western.E’ un disco inusuale essendo davvero un concept.Se non si respira in questi solchi aria di grandiosita’ pomp,si tratta comunque di opera lodevole,ispirata e positiva.Gia’ "Ghosts" introduce a parti sonore,se non certo magniloquenti,comunque gradevoli,mentre "One Mind,One Heart" gia’ dal titolo mostra la continuita’ con i tipici temi trattati dal gruppo.Due pezzi salgono a livello notevole in questo disco,cioe’ "RainMaker" e la conclusiva "Bells Of Saint James",quest’ultima rintoccante chiusura degna della cornice di un disco sui generis. Gli 80 per i Kansas si chiudono con un live(89) contenente un inedito,e si apre cosi’ un periodo di stasi compositiva,ma dopo circa 20 anni dall’esordio i Kansas sono ancora vivi.

Nel 95 esce "Freaks Of Nature",disco orfano di Dave Hope,sostituito ormai al basso da Billy Greer(anche vocalist),e di Steinhardt il cui posto era stato preso da David Ragsdale,un buon violinista stilisticamente piu’ melodico anche se meno originale del titolare ma comunque ben inserito nello stile della band,e tuttavia presentante il ritorno del grande Steve "The Voice" Walsh,aiutato alle tastiere da Greg Robert. E’ un ritorno al tempo stesso verso territori melodici e vissuti hard.Nel 95 i Kansas sono ancora inconfondibili e inimitabili.Se la voce di Steva e’ un po’ stentorea e mena limpida che nel passato,l’emozione dovuta al riascoltarlo e’ davvero molto forte. "I can Fly" e’ un hard pomp che se anche mostra quanto Kerry Livgren e le sue keys si facciano rimpiangere,regala ancora sensazioni tra il poetico e il romantico.Il violino di Ragsdale in "Disperate Times" si esprime a livelli melodici molto coinvolgente mentre la chitarra di Rich "The Pirat" Williams torna a macinare riffs pomp rock.Anche "Hope Once Again" riesce a rallegrarci con il contributo di tutti i musicista,Ragdsdale e Williams sempre in testa,mentre "Black Father" vede la partecipazione di un Walsh a tratti un po’ piu’ duro."Under The Knife",nonostante il titolo,ci presenta un grande Walsh,capace di melodicizzare,quando vuole,praticamente tutto,e autore anche di un inserto di synth quando sembrava non ne fosse piu’ l’epoca.Dopo un episodio poco degno del nome e della fama dei Kansas,la title track,dedicata a chi ha la sfortuna di nascere con dei problemi fisici,grazie alla sensibilita’ di questi musicisti,riesce a esprimere un buon tributo a tale problematica esprimendo la tipica vena hard di questo gruppo dando delle sensazioni sinfoniche grazie a tastiere e violino."Cold Grey Morning" e’ un po’ piu’ pomposa con meno contributo chitarristico,mentre "Peaceful And Warm" in chiusura dell’album torna un attimo ai tempi dei lenti del tipo di "Lonely Wind" e "Dust in The Wind".E’ una chiusura un po’ nostalgica ma come sempre esprime gli alti ideali che hanno contraddistinto la carriera dei Kansas.

 

Il decennio e’ chiuso poi nel 2000 da "Somewhere To Elsewhere" nella cui opener. Intitolata semplicemente "Icarus Pt II" ci commuovono le note del violino di Steinhardt,tornato in seno al suo gruppo con la seconda parte del famoso pezzo di "Masque",e,essendo la formazione originale ormai riunita,a parte il contributo di Greer,del piano di Kerry Livgren !Anche se sono passati quasi 15 anni e molto rock e’ nato,arrivato al successo e poi passato,la magia e’ ancora in grado di farsi sentire e apprezzare.Certo,i pezzi del disco in parte sono poco .. gloriosi,con uno Steinhardt rocker poco incline alla melodia pomp,come in parte era stato nel suoi disco solistico. Ma pezzi come "The Coming Dawn" per esempio ci mostrano un gruppo non solo ben amalgamato,ma anche ispirato,a tratti convincente;e pure "Myriam",con il piano evocativo e gli echi delle glorie passate da’ segnali piacevoli contrappuntati dal violino,dalla voce di Steve e anche marcati da suggestioni barocche. Anche "Look At The Time" a momenti regala sprazzi di sinfonicita’ pomposa che compiace le orecchie di chi ha apprezzato i primi dischi . Bellissima invece e’ l’introduzione molto pomp di "Distant Vision",canzone che chiude per adesso il lotto dei pezzi stupendi di questo gruppo descrivendo il contenuto visionario di un sogno con tutte le componenti della band orchestrate dalle tastiere di Livgren e dalla voce di Steve Walsh. Sempre nel 2000 sia Kerry Livgren che Steve Walsh hanno prodotto un album solistico,il primo con solo un paio di buoni pezzi e il secondo piu’ convincente. I Kansas non sono ancora andati in pensione, perche’ gli ideali che ne hanno caratterizzato la carriera non possono morire, ne’ moriranno finche’ ci saranno vissuti sublimi. La leggenda e i sogni continuano.
(Gianfranco Guarini)

                                                                           

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