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METAL WORLD REWIEW

 

OPIATE

PENTAGRAM

JIMI HENDRIX

AA.VV. 'REVENGE - THE TRIUMPH OF…TRIBUTE TO MANOWAR'

SPOCK'S BEARD

DIVIDED MULTITUDE

PLANET X

GLENN HUGHES

THRESHOLD

VANDERHOOF

STEEL PROPHET

 


OPIATE 'DISTINCTIVE SMILE' (Visible Noise)
L'album che tutti i lettori di Psycho! vorrebbero scoprire!
Anche il Regno Unito sembra aver scoperto l'amore per il nu metal. Ovviamente quello filtrato ed educato che le radio americane stanno trasmettendo da circa un anno.Gli Opiate sono attivi dal 1998 ed arrivano al debutto con questo 'Distinctive Smile', un concentrato di nuova energia rock, che non aggiunge nulla al nu metal colorato di grunge oggi in voga, ma che piace. Ma è impossibile resistere alle seduzioni armoniche delle due voci che si alternano, ora terribili ora melodiche, o ai riff spigolosi, addolciti da giri di basso su scale minori, che ingrassano 'Dysfunction', 'Your Time', 'Alone Again', che portano nelle melodie, tutto il loro carico di drammaticità quotidiana, come le ultime correnti esigono. Il tutto è buono, ma poco entusiasmante, anche perché questo tipo di gruppi, esattamente come quelli AOR, esattamente come quelli power metal, finiscono con l'assomigliarsi tutti. I lettori di Psycho! lo ameranno e forse questa è l'unica ocsa che conta. (GDC)

PENTAGRAM 'A KEG FULL OF DYNAMITE' (Black Widow/Self)
Tra raccolte, album nuovi e questo inatteso disco dal vivo, gli americani Pentagram, i re del doom dark anti-litteram, stanno vivendo una specie di momento atteso e sognato magico. Queste registrazioni risalgono al 1978, quando la band del nevrotco cantante Bobby Liebling si faceva chimare High Voltage Pentagram e suonava al massimo del volume e della potenza, in una sorta di incrocio tra Black Sabbath e Blue Cheer, anche grazie alla presenza di due chitarristi. La registrazione è dannatamente seventies e per me questo è un gran bel pregio! (GDC)

JIMI HENDRIX 'EXPERIENCE' (Sunspots/Goodfellas)
L'ultimo concerto del trio Jimi Hendrix Experience (Noel Reading al basso e Mitch Mitchell alla batteria),che una volta era solo un film, oggi viene fasciato in una confezione limitata e trasformato in un doppio CD per collezionisti. L'esibizione al Royal Albert Hall del 24 febbraio 1969 è famosa anche per la presenza in sala di molti musicisti famosi, desiderosi di carpire i segreti al genio di Seattle. Per collezionisti. Ma non sranno stufi anche loro? (GDC)

AA.VV. 'REVENGE - THE TRIUMPH OF…TRIBUTE TO MANOWAR' (Steelborn/Self)
Mi piace tutto di questo tributo ai Manowar, dall'attitudine dimostrata da tutte le band, con repliche convincenti e cantante con coraggio (Eric Adams non è uno che si imita in relax -nda) alla scelta dei suoni, volutamente il più possibile fedele all'originale. Il cast raccoglie band di tutto il mondo, Highlord, Rosae Crucis, Dark Horizon, Solstice,Majesty…) abbastanza note, ma nessun numero uno. E la forze di queste versioni è proprio questo, si ascoltano per il gusto, non per la curiosità di chi le interpreta. Non sono un innamorato dei tributi, ma questa raccolta ha più di un motivo di interesse! (GDC)

SPOCK'S BEARD 'SNOW' (Inside Out/Audioglobe)
Il capolavoro definitivo per il prog del terzo millennio!!
Ci sono gruppi a cui tutto riesce facile! Gli Spock'S Beard sono sicuramente tra questi. La band del talentuoso cantante/tastierista/compositore Neal Morse arriva alla meta del sesto album di studio, sfidando anche la paura di un concept album. Un ostacolo che sembrava insormontabile, come lo stesso Neal aveva avuto modo di dire in passato. E questo doppio CD 'Snow' (omaggiato anche da Mike Portney dei Dream Theater che ascoltando un'anteprima lo ha definito degno di figurare accanto a 'Tommy' degli Who); non solo è un concept, ma è probabilmente "il concept" che tutti gli innamorati del rock progressivo stavano aspettando dai tempi di 'Lies Down On Browdway' dei Genesis. Ventisei canzoni, una cascata di melodie, partiture strumentali da brividi, che passano dal prog al metal al prog al rock, arrangiamenti ora pomposi, ora scarni, parti vocali stupende, ora corali ora soliste, un valanga di emozioni che si inseguono ed accavallano. Ma il tutto sempre in un fantastico equilibrio, da apparire quasi l'opera di una mente soprannaturale. Io sinceramente davanti a tanta bellezza, non penso ai titoli dei brani, non seguo una logica, mi immergo nella magia di queste sonorità e gravito in una dimensione parallela. Con 'Snow' ho avuto la certezza che è ancora possibile scrivere album degni della bellezza dei classici del passato! Una sola parola e finalmente usata con merito: capolavoro! (GDC)



DIVIDED MULTITUDE 'FALLING TO PIECES' (Elevate/Audioglobe)
Tecnica o canzone? I DM ci stanno ancora pensando!
Accompagnato da una grafica vagamente psichedelica, quasi a voler giustificare la presenza del produttore Trude Midtgaard, noto per l'ottimo lavoro svolto con i Motorpsycho, i norvegesi Divided Multitude tornano a farsi ascoltare con un nuovo album, a distanza di tre anni dall'esordio 'Inner Self'. Lo stile del quintetto nordico non ha subito sostanziali modifiche e rimane sempre ancorato ad un metal progressivo solido e che ha nell'esagerata esposizione tecnica il suo limite più evidente. Rimane ovviamente aperta la disputa se il metal prog debba essere più tecnica o più canzone, ma resta il fatto che dai solchi ottici di 'FTP' esce ammirazione, ma non emozione. Un problema che soffoca la quasi totalità delle band di settore e che i Divided Multitude riescono a superare nei passaggi melodici di 'Dreamin'' e 'Focus' e nel tratteggio di tastiere marcato in apertura di album con 'Enter Paradise', con la voce di Sindre Antonsen che sa essere anche cattiva al punto giusto. Se decideranno da che parte schierarsi lo scopriremo con un eventuale terzo album, altrimenti sarà un altro ibrido, gradevole, ma non essenziale! (GDC)

PLANET X 'MOONBABIES' (Inside Out/Audioglobe)
Cerebrale sfoggio di tecnica. Bravi, bravi, bravi! E poi?
C'è stato un periodo in cui dischi del genere (ma non erano suonati così bene!), mi hanno mandato in estasi. Era la fine degli anni settanta, avevo da poco scoperto il jazz rock con i Gong, la Mahavishnu Orchestra, Allan Holdsworth, i Weather Report, realtà inedite per me, che venivo solo dal rock, meglio se hard! E questo "suonare nuovo", fatto di tecnica ed improvvisazione, mi aveva letteralmente stregato, con ascolti ripetuti di brani infiniti e masturbatori. In anni recenti il metal progressive ha dato slancio alla riscoperta della tecnica, ma ben presto il tutto si è ritorto contro la musica stessa e così oggi ascoltiamo progetti che mettono lo strumento davanti a tutto. Una cerchia di musicisti che vaga in vari progetti ed illumina la scena con dischi come questo 'Moonbabies'. Dietro la sigla Planet X si nasconodo infatti Derek Sherinian, Tony MacAlpine e Virgil Donati, tre assi assoluti dello strumento, che in due anni hanno suonato in una decina di dischi!! Ma invertendo i fattori, camba poco, forse il nome del gruppo, ma il risultato rimane sempre un'esposizione di tecnica, gelida e fine a sè stessa. Non rinnego i miei ascolti passati, e mi rendo conto che le generazioni di musicisti odierne, abbiano bisogno di nuovi modelli da imitare. Ma gruppi come i Planet X, non mi emozionano più. Un bravo, una pacca sulla spalla e via! (GDC)



GLENN HUGHES 'DIFFERENT STAGES' (SPV/Audioglobe)
Esauriente raccolta per "the singer", priva di sorprese però!
Se siete tra quelli che hanno la testa piena di Glenn Hughes, ma non avete mai ascoltato una sola nota, allora questo doppio CD diventa una tappa fondamentale della vostra crescita musicale. L'ex Deep Purple si disegna addosso una raccolta quasi perfetta che attraversa l'intera carriera solista dell'ultimo decennio ed una serie di pezzi dal vivo dei Deep Purple/Trapeze/Hughes-Thrall, suonati comunque con musicisti che lo hanno accompagnato in questi ultimi anni. Oltre alla sua splendida voce, che sembra migliorare anno dopo anno, ascoltiamo canzoni che sono già piccoli classici quali 'Addiction', 'From Now On', 'You Kill Me' ed una bellissima 'No Stranger To love' che rievoca il passaggio di Hughes nei tracciati del Sabba Nero ed un'intensa 'Freedom' di Jimi Hendrix. È bene chiarire che delle venti canzoni presenti non c'è un solo inedito. Certo, tutto molto bello, ma viste le tante collaborazioni del nostro, perché non pescare qualche rarità che avrebbe incuriosito anche chi lo segue passo dopo passo da sempre? (GDC)



THRESHOLD 'CRITICAL MASS'(Inside Out(Audioglobe)
Impeccabile album per la miglior prog metal band britannica.
Preceduto da un 'Concert In Paris 2002', di cui ignoravo l'esistenza, esce questo nuovo capitolo in studio dei Threshold, sicuramente i portavoci più autorevoli del metal prog britannico. Ma la musica del sestetto di Surrey è così lontana dalle sterili esibizioni tecniche di tanti colleghi di genere, che appare davvero limitante etichettarla come metal perog. Di fatto i Threshold scrivono canzoni intense, piene di magniloquenza, in una sorta di Magnum moderni e meno fiabeschi. A dare questa convinzione è l'utilizzo di tastiere a vele spiegate, con suoni ridondanti su cui si erge la voce piena e calda di Mac, che ha definitivamente cancellato il fantasma di Damian Wilson. 'Phenomenon' è un opener eccellente, seguita da 'Falling Away', anche se è la terza 'Echoes Of Life' il primo brano superiore dell'album, grazie agli intarsi chitarre/tastiere, non da meno il refrain di 'Avalon' e l'andatura bitonale di 'Choices', giocata su una ritmica davvero fantasiosa. C'è sempre un pizzico di magia nella scrittura dei Threshold, magia che trova la massima espressione nella conclusiva 'Critical Mass', non prima di averci regalato emozioni in 'Fragmentation' e 'Round And Round'. Sarò banale, ma ci sonor gruppi da cui è impossibile attendersi meno che dischi belli. I Threshold, in compagnia di Enchant e Spock'S Beard (per limitarmi circa allo stesso genere), sono tra questi. (GDC)



VANDERHOOF 'A BLUR IN TIME' (SPV/Audioglobe)
Intelligenti retaggi hard rock per il secondo capitolo di Kurdt Vanderhoof & C.
Kurdt Vanderhoof, il chitarrista dei Metal Church, è stato uno dei primi ad inaugurare la moda dei progetti paralleli. Risale infatti al 1997 il primo album dei suoi Vanderhoof, che a differenza del gruppo madre, tributavano amore e devozione all'hard rock degli anni settanta, con citazioni particolari per Deep Purple ed Uriah Heep. Oggi questo secondo capitolo si avvale del nuovo cantante Drew Hart, reclutato via internet, attraverso il sito dei Metal Church e può mostrare un volto più melodico, grazie all'apporto del bravo tastierista Brain Cokeley, noto turnista che ha lavorato anche con i Quiet Riot. Le undici canzoni che si dipanano tra i solchi di 'ABIT' hanno un approccio di matrice HR, con suoni solidi, ma melodici, supportati da una tastiera vigorosa e da un cantato tipicamente seventies. Anche le canzoni hanno spessore e non mancano di energia, come dimostra il riff killer di 'High St.', l'opener '30 Thousnad Ft.', la cadenzata 'Nowhere Train', la ballata 'If Theres A Song…' che chiama alla mente i Queen, gli ottimi hard metal di 'Un-Changed', 'Brand New Light', 'Sleeping Giant' e 'Sonic Blur'. Un disco derivativo, ma bello, che ricalca orme che quasi nessuno segue più, in una sorta di Pretty maids meno metal e più hard. Insomma un album per chi è stufo del nu, dell'epic e del tutto! Ed io lo so che siamo in tanti! (GDC)



STEEL PROPHET 'UNSEEN' (Nuclear Blast/Audioglobe)
L'ennesimo capitolo di speed power metal!
Quando ascolto dischi come questo, che l'etichetta madre indica come "uscita prioritaria", allora mi rendo conto che il mercato metal, se segue questa strada, è destinato a soffocare. Siamo al cospetto di un CD uguale a cento altri, suonato benissimo, prodotto meglio e con canzoni perfette nell'intonare echi di enfasi eroica, come l'epic speed power vuole. Ma il tutto è privo della minima inventiva, dove anche i testi fanno parte di un disegno già scritto e la copertina rivela la metà dei contenuti della musica. Gli Steel Prophet fanno la loro parte, meglio di altri; forti di dieci anni di carriera, sette CD all'attivo e numerosi concerti; cercando anche qualche minima variante, soprattutto nella scelta dei suoni delle tastiere che, per esempio, addobbano bene 'Rainwalker'. Ma nella stesura finale 'Unseen' risulta un lavoro assolutamente solo per fans di questo genere. Un genere sfruttatissimo, che il mercato fatica a recepire in continuazione e che invece deve reggere produzioni a getto quotidiano, in una sorta di viatico per un suicidio non certo imprevisto. Il suicidio artistico è in atto da tempo, quello economico è alle porte. Ed allora io mi chiedo: quanto potrà durare tutto questo? (GDC)


 

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