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METAL WORLD REWIEW

 

DOMINION 3

TARWATER

KARATE

SPARTA

PSYCHOPUNCH

GBH

 

 

DOMINION 3 'LIFE HAS ENDED HERE' (Napalm/Audioglobe)
Una musica che è bellezza e tragedia!
C'è un anima malata che alimenta la musica dei Dominion3. E l'anima di Tharen, che ha dato vita a questo progetto nel 1998, e non si è fermata al feretro industrial metal del debutto di due anni fa, ma si è spinta più avanti con questa replica assolutamente sorprendente. Eppure nei rottami di un suono apocalittico e catastrofico c'è una melodia malsana di fondo, quasi un soffio di speranza che alimenta le ritmiche ipnotiche di canzoni che hanno alcuni picchi di terribile genialità. L'iniziale 'A Dead Heart In A Dead World' si presenta sin dal titolo come l'unica colonna sonora alla decadenza di questa epoca e la voce che squittisce di Tharen si alterna con l'ugola preziosa di Elisabeth Toriser dei Dargaard e l'apertura della title track è bellissima, epica e cinematografica, con la sua andatura maniacale e cosmica. Ci troviamo spesso a parlare di capolavori, dischi imperidibili e grandiosi, ma questo 'LHEH' è sicuramente un lavoro originale, che sgretola le nostre certezze, che sembra prendere una strada per poi imboccarne un'altra, nota dopo nota, canzone dopo canzone. C'è un senso di tenebra in questa musica, un senso di inquietudine assoluta, come se il domani non avesse più luce. Come se il tempo si fosse perso nel buio gelido dell'universo! Bellezza e tragedia! (GDC)

TARWATER 'DWELLERS ON THE THRESHOLD' (Kitty-Yo)
Fluttuante pop che sfocia nell'elettronica. O è il contrario?
C'è un mondo musicale che ha voglia di rompere gli schemi. Non sempre ci riesce, non sempre incontra i favori del pubblico o sarebbe meglio dire che non sempre trova un pubblico. Ma una cosa è certa: questo mondo sommerso esiste. La dimostrazione arriva da questi Tarwater, che raggiungo il sigillo del settimo album (se contiamo anche remix e qualche progetto), ma che di fatto continuano a rimanere un'entità sconosciuta ai più. I Tarwater (la creatura di Ronald Lippok e Bernd Jestrem, ex punk della Berlino Est degli anni ottanta! -nda) sono la conferma della bontà della scuola teutonica nella ricerca elettronica. Come e più dei Kraftewer verrebbe da dire, anche se a differenza dei robotici connazionali, i Tarwater amano la parte docile dell'elettronica, quell'onda carezzevole che sfocia quasi nel pop, dove un loop può diventare il motivo trainante di un brano, dove una nota a rimbalzo può assumere i connotati di una litania melodica senza fine. Non ci sono titoli imperativi, c'è solo un suono raffinato e magicamente prodotto, dove il superfluo è bandito. Un suono concepito per sedurre anima e corpo! (GDC)

KARATE 'SOME BOOTS' (Southern/Wide)
Post rock per chitarra andante!
Non voglio farvi credere di essere un esperto dei Karate e del suono che vogliono rappresentare, ma qualche passo di questo gruppo l'ho seguito, non fosse per l'intrigante classe chitarristica di Geoff Farina, musicista abile nel creare atmosfere ora raffinate ora vorticose, senza nulla di più che il classico triangolo (Jeffrey Goddard, basso e Gavin McCarthy, batteria) e la sua voce. I trascorsi post rock si sono oggi arricchiti di un tocco ritmico più geometrico, con un'andatura sempre riflessiva e quasi sgraziatamente blues, come in 'First Release' per esempio, ma oggi c'è una maggior ricerca strumentale, quasi un desiderio di elargire tecnica, situazione inusuale per chi fino a ieri elargiva manifesti di sintesi espressiva. Questa mossa sicuramente non incontrerà i favori dei fedeli della prima ora e faticherà a convincere nuovi adepti. Ciò non toglie che 'South', 'Originale Spies', 'Airport', 'Baby Teeth' e 'Corduroy' (incredibilmente esclusa dalla versione in vinile!), siano il giusto viatico per ascoltare un rock privo di etichette e che se non indica il futuro del rock, sicuramente non ne ricalca il passato! (GDC)

SPARTA 'WIRETAP SCARS' (Dreamworks/Universal)
Crossover potente e melodico e, perché no?, intelligente!
Dalle ceneri degli At The Drive-In, scomparsi ad un passo dalla consacrazione, sono nati i Mars Volta e questi Sparta, che sin dal nome, dimostrano la volontà di semplificare i loro obiettivi artistici. Infatti dopo l'EP 'Tremulant', il quartetto americano, ci propone questo lavoro a base di canzoni potenti, ma melodiche, costruite su ritmiche assimilabili, ruvide e cantabili allo stesso tempo. Rispetto al gruppo che li ha generati, gli Sparta dimostrano maggior semplicità di scrittura e la volontà di un suono immediato e coinvolgente, dove la voce epica del chitarrista John Ward, occupa sicuramente un ruolo predominante. Sinceramente la prima parte del CD è quasi perfetta con sei brani catalitici, che ti trascinano in un vortice liberatorio, dove i ritornelli si cantano a piena voce. Infatti 'Cut Your Ribbon', 'Air', 'Mye', 'Collapse', 'Sans Cosm' e 'Light Burns Clear', mi sembrano molto di più che belle canzoni, con i loro richaimi a dei Third Eye Blind con gli attributi e ai misconosciuti Handsome, figli crossover dei Cro Mags. Anche nella seconda parte ascoltiamo cose notevoli, con il suggello della chiusura di 'Assemble The Empire'. Gran bel disco. Ah…dimenticavo, a me gli At Drive-In non sono mai paiciuti, quindi nel cambio prendo gli Sparta alla grande! (GDC)

PSYCHOPUNCH 'THE PLEASURE KILL' (White Jazz/Audioglobe)
Il rock è morto? Allora non avete ascoltato gli Psychopunch!
Rimane un mistero il perché nei paesi nordici ci sia questo flusso di band di crudo e ruvido rock'n'roll. Forse il freedo, forse la birra, forse il sesso libero, resta il fatto che se esiste ancora una scena di innamorati suonatori di rock selvaggio lo si deve solo alla Scandinavia e dintorni. Altrove cercano di spostare avanti i confini del rock, altri vogliono riportarli indietro, invece gruppi come Hellacopters, Backyard Babies e questi Psyhcopunch hanno l'unico scopo di non spostarli di un solo metro. Il rock è nato per essere rock, ovvero cattivo e per spaventare le mamme. E credo che incontrare i ceffi degli Psychopunch non deve essere un bel vedere, ma un bel sentire sicuramente si! Immaginate il glam che incrocia lo street ed alzate il volume fino a distruggere i vostri timpani. Fatto? Ecco, questi sono gli Spcyhopunch! (GDC)

GBH 'HA HA' (GoKart/W'n'B)
Punk metal d'ordinanza per i re del punk anni ottanta.
Diciassette canzoni in quasi un'ora di musica, sono comunque poche per un gruppo punk. Ma se questo gruppo si chiama GBH, allora ci sentiamo in dovere di perdonare tutto. Immobili, statici, fedeli a loro stessi fino alla noia, fino alla rabbia, fino alla…stima, i GBH sono degli autentici monumenti. Da anni la loro musica è solo una ripetizione di una fede, come per mille gruppi heavy metal d'altronde. Ma questo non ci impedisce di gustare ancora la voce graffiante di Colin Abrahall, che con il tempo ha quasi imparato a cantare e i riff elementari di Jock Blyth, che però non ha volutamente mai imparato a suonare! Approfondire oltre non avrebbe senso, staimo parlando di una band leggendaria che venti anni fa pubblicava manifesti di punk al vetriolo, sporcato di metal, come 'City Baby Attacked By rats' e 'City Baby'S Revenge', che oggi dal vivo ha la stessa granitica energia di allora, ma che in studio da anni non fa che timbrare il cartellino. Per i tanti completisti del punk! (GDC)


 




 

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